26 ottobre 2009

NBA 2009/2010 Season Preview - East is East



Da Basket Central

L’NBA, al contrario di ogni bestia che si rispetti, esce dal suo letargo quando fa freddo. È pur vero che c’è stata la summer league e dopo la preseason, ma sono solo lo stiracchiamento prima di alzarsi e mettersi in moto, perché dopo mesi di inattività, bisognerà pure sgranchirsi i muscoli. Dunque basta minutaggi stratosferici delle seconde e terze linee (di cui i 30 minuti 30 dell’improvvisato “quintettista” DJ Mbenga nell’ultima sfida fra Lakers e Nuggets è l’epitome più eloquente), tornano i big per riprendere la corsa all’argenteria anulare che ogni anno è la chimera di ogni franchigia.


Inutile fare un minestrone di idee e di impressioni, è il caso di andare con ordine e provare a mettere assieme tutte le idee, cominciando con la Eastern Conference, per uno sguardo generale sullo scenario orientale.

Around the ring

Il discorso anelo ad est si esaurisce con due nomi: Cavaliers e Celtics, in rigoroso ordine di plausibilità.

I Cavs vengono da una stagione per tanti versi incompiuta, ma che ha avuto un epilogo che appare più tragico di ciò che realmente è. La dirigenza in estate ha fatto alcune aggiunte mirate, che le hanno permesso di aggiungere esperienza, carisma, difesa sia sugli esterni che sugli interni, energia, tiro e lavoro sporco (personificati tutti assieme da Powe, Moon e Parker), oltre all’arrivo di un uomo di peso, nel vero senso della parola, quello Shaq che continua ad essere uno dei primi due centri della lega, soprattutto in ottica PO. Si può parlare dei Cavs senza nominare mai Lebron James? Evidentemente no e noi abbiamo appena rimediato.

Poco dietro partono i Celtics più interrogativi degli ultimi anni, grazie all’anno in più sul groppone delle 3 stelle e all’aggiunta di un compagno di viaggio nella strada verso il tramonto: Rasheed Wallace. Sheed era un enigma anche da giovane, figuriamoci oggi che dipende molto dalle sue condizioni fisiche. Marquis Daniels potrebbe essere più importante di quel che sembra e molto passerà per Rajon Rondo. Altre aggiunte importanti non ce ne sono (a meno che non vogliate per forza che vi parli di Shelden Williams) e il buon esito della scommessa Wallace va a braccetto con quello della stagione.

A little hope

Categoria a parte per gli Orlando Magic. Non sarebbe giusto metterli assieme a tutti quelli che possono sperare in buoni Play Offs, se non altro per onorare la splendida post season passata. Al vertice sono quelli che hanno cambiato di più, perlomeno perché hanno visto andar via uno dei due uomini più importanti per l’impresa dello scorso anno. Carter è un’aggiunta importante, utile sia alla squadra, perché permette di non perdere le caratteristiche che ne hanno decretato il successo, che a se stesso, per la possibilità di dimostrare quello che non ha mai avuto l’opportunità di dimostrare (o, per meglio dire, che tropi non hanno avuto l’acutezza di cogliere). I Magic sono con grande probabilità migliori dell’anno passato, ma la sensazione è che le loro possibilità di finale siano pari a quella degli altri top team ad est, pur avendo possibilità di anello infinitamente minori.

Looking for PO

Restano 5 posti per la post season, chi li occuperà? Il coraggio non è la nostra virtù principale, dunque ci terremo larghi facendo ben 7 nomi.

Toronto ha messo a segno il colpo più fragoroso del mercato ad est, in contumacia Shaq. Turkoglu è un upgrade vero, se non altro perché non sostituisce nessuno e occupa una posizione totalmente scoperta in precedenza. La squadra è bella, ma troppo poco sporca per obiettivi più nobili. In regular può dare fastidio a livello di classifica, nei PO ha più dubbi che certezze, fra queste ultime il fatto che i palloni che scottano possono smettere di essere recapitati sempre e comunque all’indirizzo di Chris Bosh.

Mezzo passo indietro gli Hawks, mina vagante a livello di post season, il cui passo in avanti dipende da un giocatore affidabile quanto una Duna immatricolata nell’87, Josh Smith. Rispetto all’anno scorso abbiamo, come unico upgrade, Jamal Crawford, che si occuperà di dare energia e punti dalla panchina. Tanti giovani, un futuro promettente se verranno fatte le scelte giuste, un presente limitato: dalla quarta alla sesta piazza tutto è possibile, compreso il passaggio del turno ai PO e addirittura uno scherzo al secondo round.

Come sistemare Heat, Bulls, Bobcats, Sixers e Wizards in una probabile griglia di partenza, resta abbastanza complesso, visti gli innumerevoli fattori da valutare: tenuta di Arenas ed Haywood, infortunio di Jamison, crescita di Derrick Rose (a dire il vero l’incognita meno oscura, sarà un top player da quasi subito), tenuta psicologica di Larry Brown, inserimento di Brand, crescita psicologica di Beasley, sostituti di Gordon, Jermaine O’Neal, rendimento di Dalembert e Speights, integrità fisica di Chandler. Idealmente i Wizards sono quelli con più qualità, i Bobcats quelli costruiti meglio, gli Heat quelli con l’uomo migliore, i Bulls quelli più rodati, i Sixers quelli che hanno dimostrato qualcosa in passato. Diremmo che Washington merita di stare davanti, papabile come outsider anche per posizioni più alte, che Miami può stare ovunque dalla 6 alla 8, ma non più in basso perché con Wade in campo per almeno 70 gare, oggi non si resta a casa nella post season, che Charlotte può anche chiudere in qualunque posizione, dalla 5 alla 10, a seconda di quanto Larry riesce a far sua la squadra (se il trend attuale è quello dell’anno passato post scambio, benissimo, se è quello normale di un secondo anno di Brown, meno bene), che Chicago ha urgente bisogno di un lungo interno e se non lo trova il posto in griglia conta poco, perché vincerne una all’anno ai PO sarà un’impresa per molto tempo, che Phila è enormemente disfunzionale e lotterà per una delle ultime due posizioni ai PO, senza la garanzia di centrarne alcuna.

Waiting for next season

Come ogni anno c’è qualcuno che aspetta solo di iniziare la prossima stagione. Come sempre accade, verremo smentiti dai fatti, ma Detroit, Indiana, Milwakee, New York e New Jersey hanno davvero poco da chiedere a questa stagione. Detroit è in piena fase di rifondazione, attende gli ultimi colpi da Prince ed Hamilton, si affida alla crescita di Stuckey e Maxiell (chissà se il futuro passerà per loro?) e al costante Gordon, che questo è e questo rimarrà per sempre. Molte novità per una stagione che definire dalle poche pretese è riduttivo. Indiana sembra aver bandito le certezze per offrirsi interamente al rischio. Sembra non poter lottare per un posto ai PO a meno di miracoli, per noi se va bene sta nelle prime 10, ma ad occhio è di livello sensibilmente inferiore a tutte quelle del gruppo sopra. Sarà comunque interessante osservare l’evoluzione di alcuni giocatori, come Rush e Hibbert. Milwakee perde pezzi manco fossero i componenti di Jeeg, via RJ, via Villanueva, dentro un rookie a sorpresa come Jennings e il recupero di Redd e Bogut. La nostra personale squadra simpatia, non fosse altro perché crediamo in Brandon (non Terrel… ne quello di Beverly Hills 90210) e tifiamo per Warrick (non quello di CSI Las Vegas) e Skiles (non quello dei Magic anni 90… ah si, è lui). New York è stata plasmata a immagine di D’Antoni, con David Lee unico plausibile (nemmeno tanto) pivot in squadra, poi una serie di giocatori buoni per correre e tenere i ritmi alti, senza ragionare eccessivamente sull’azione. Seguiremo con affetto Gallinari e con morbosità il peso di Eddie Curry, per il resto davvero poca roba, almeno fino ai salti dell’All Star Game di Nate Robinson. Se siete tifosi dei Knick i vostri occhi, Gallo a parte, potrebbero brillare solo per i progressi di Wilson Chandler. Resta New Jersey, che ha perlomeno un impronta, data dalla presenza di Harris (sorpresona della scorsa stagione) e Lopez, di Courtney Lee e Chris Douglas Roberts (mettiamo un cent sulla stagione del ragazzo), del rookie Terrence Williams (buono anche questo) e di Jianlian… in Yi we trust!

Buona stagione a tutti.

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